Il re dei re, vol. 3 (di 4)
i monti
corso
igio si ved
ier più
rrendo
abr
egina Berta. Questi non aveva saputo resistere all'ambizione di scavalcare dal soglio Enrico, cedendo alle tentazioni lusinghiere di Gregorio, che a quella corona lo confortava aspirare. Si era perciò messo alla testa dei ribelli e non cessava dal muovere le torme contro lo sfortunato re, il quale al suo popolo additato come malvagio dai principi, come empio dagli ecclesiastici di Gregorio, non vedeva speranza di potere un giorno ristaurare l'onore. Intanto la dieta di Augusta approssimava. Quanto avesse a mettervi fiducia Enrico comprendeva assai bene. Ai suoi partigiani, perchè gente scomunicata, inibivano assistervi; accusatori e giudici sedevano i suoi nemici; ed egli, re decaduto, doveva sottomettersi alla censura, al giudizio dei suoi vassalli. Questo amaro pensiero lo decise. Calcolò essere minore umiliazione per lui di piegarsi al papa, r
non trovavansi che la moglie, il figliuolo, ed un uomo, il quale, mentre tut
gli Stati paterni, aveva bravato la scomunica, e la sua sorte di diseredato e ramingo avea accomunata e con quella del re abbandonato. Ed Enrico lo aveva accolto t
lo scomunicato, chi rimandò il postulante Baccelardo altresì con più brutali risposte. Il solo Ulrico di Cosheim, non ricco, somministrò quanto potè. Laonde si videro ridotti a vendere alcune poche gioie dell'imperatrice, ed impegnare
celardo. Rodolfo, Bertoldo e Guelfo avevano occupate le chiuse e tenevano il passo delle Alpi svizzere, carniche e friulane. Si prese la volta della Borgogna, dilungando la strada, e si trovarono a celebrar
rno dardeggiante nel cielo turchino. Contemplarono quei gioghi di monti, le cui canute creste l'une sull'altre elevansi come i gradini di un anfiteatro, per fare in fine torreggiare la testa superba del monte Bianco, il re di q
di truppe e di scorte a calare in Italia. Ma colei, che ambiva vantaggiare gli Stati del figliuolo, glieli negò, sotto pretesto di non voler querele col papa. Il re dovette venire ad accordi. Caldo fu il discutere, perocchè Adelaide pretendeva cinque vescovadi con tutte le terre dipendenti ed i dritti, ed Enrico volev
nte praticati, sia che gli alpigiani schivassero contrattare con gente scomunicata, per non incorrere anch'e' negli anatemi, difficilissimo tornava procacciarsi guide, anche a peso d'oro. Così c
o in tratto, accennano il calle meno sinistro a tenersi. Allora non era che una marmorea lamina di ghiaccio, praticata solamente nell'estate da un sentieruolo per uso dei cacciatori di camoscio, che serpeggiava tra i precipizi e le voragini dell'erta sterminata. Gli avvallamenti, colmati, dalla neve quivi accumulata dagli uragani, o non si discernevano, o malamente per a
agna, e discendere in Italia: sareste voi
como, si grattò l'orecchio sinistr
sign
esser così. Mettete voi i
ma sibbene che la sgualdrinella, quest'anno qui, si ha
clama Enrico con un poco di male umore.
iglia d'intorno troverete chi vi sappia servir meglio, io r
neve, perchè vi piace sporcarvele piuttosto di cenere. Que
ormora
intarsiato a legno di quercia, e scottarmi le sure alle brace? Anch'io son cacciatore, compare, e so come con l'aiuto di Di
iverebbe ad imbrattarsi lo sprone, una tazza per bevervi dentro l'acquarzente. Se conosceste un tantino che vezzi sa fare questa matta quando le frulla! Mi aiuti Iddio, monsignore,
esto monte dannato. Trovate voi uomini e mezzi, perchè
Io non vi assicuro bene che toccherete le pianure d'Italia. Però vi assicuro bene che moriremo innanzi noi tutti, prima che alc
ovrà trasportare con noi questa signora e que
i; salvo, monsignore, che no
un
e che è quel buffon di uragano, il quale si trastulla a far mulinelli di neve, e trascinarsi seco fino i cucuzzoli delle rocce, che gli si parano avanti. Così c
entito, questa diabolica Italia n
e la bocca; per penetrarvi dentro ed assaporar tutti i gusti
Enrico, e le guid
l'alba si mostrò, tutto
a calma solenne, un assopimento mortuario di tutta la natura. Non un uccello, non uno spiro di vento, non un brivido d'arboscello, neppure una parola dei montanari, i quali solamente guatavano di tanto in tanto la cima del Cenisio e gittavano un sospiro. Il cammino d'altronde si faceva sempre più difficile. Affondavano nella neve fino al ginocchio. Sentivano sotto i piedi scricchiolare il ghiaccio di un rumore sordo e profondo, poi di lontano, di tempo in tempo, cader le valanghe come tuoni. Toccavano già la regione del gelo. Puntando i bastoni ferrati, sorreggendosi a vicenda, e facendo catena avanzavano. Ma non così spediti come Giacomo avrebbe voluto, e come il mutamento del tempo richiedeva. Perocchè la regina sentiva già un malessere indefinibile, e come
ggo più, e credo che a quest'ora ambo le mani sia
che starsene a casa se si può, e raccomandarsi l'anima ai suoi santi avvocati, quando si è a mezzo del cammino. Sicchè dunque, in
ico. Io non ho forza nemmeno di fare un passo lungo
arete ciò che piace a voi, qui dovete stare alla nostra
, e si rimettono in viaggio. Superata così una pr
amo una crosta, ed avanti in nome di Dio, se questa furfantaccia di nebbia, che cala
ano allora una spina, sopra cui appena i danzatori di corda si sarebbero avventurati, una specie di ponte di ghiaccio gittato sur una screpolatura che sprofondava in abissi incommensurabili. Ecco allora che quella nebbia, la quale maestosa e lenta calava dal vertice della montagna, li raggiunge. Distinguevano appena un pi
pericolosissimo. Da poichè, se un piede veniva meno a qualcuno, rotolava nell'abisso e perdevasi sotto un trenta piedi di neve. Come però furono sull'erta di quella piattaforma, il vento li prende più gagliardamente. Tentano fare ancora alcuni passi, ma torna loro impossibile. Imperciocchè vedevano calar giù precipitosi dalla vetta immensi castelli di neve girati a turbine, innanzi a cui nulla poteva resistere. Si gittano perciò bocconi sulla neve, si accollano a qualche sporgenza di roccia, e di lontano odono ruinar le
ne alcun poco. Il vento spirava ancor forte, ma potevano mantenersi in piedi, l'uno attaccandosi all'altro, mercè una specie di gomena, reggendosi ai bastoni ferrati. Il loro andare da prima fu lento; dappoichè, quantunque si fossero sempre agitati e
bo. Sicchè, alle due dopo il meriggio si trovavano in istato di principiare la discesa, perchè il sole già fulgido e bello splendea nel cielo, quasi la vicinanza d'Italia lo rallegrasse. Da prima percorsero un po' di piano, costeggiando un lago, che sembrava oramai una tavola di piombo damascata, le cui punte splendevano al sole come prismi di diamanti. Si andò innanzi così per un tratto. Però, come furono al pendio dell'ultima vetta rest
chi, affidata a grosse funi armate di uncini che ficcavano e sficcavano nel ghiaccio. Sopra
toni, onde, se cadono, non si feriscano a questi diabolici stiletti di giaccio; tenete loro le briglie corte
tie. Però, ascoltino bene. Dove non si va con i piedi bisogna bene aiutarsi con le mani, andar carponi, mettersi sul sedere; dove non si può reggersi in su, occorre scivolare e Dio provveda
da addunghia i suoi vassalli per calarsi giù a quattro
Montecassino corre dietro alle gonne d
bacina il riverbero del sole, sclamava l'imperatrice Berta. Gli o
, che il desio di vedere la sua terra natia aveva rifocillata, sì che aveva
ripide, più praticate, la crosta del gelo meno spessa. I precipizi che lambivano erano gli stessi; l'ossatura della montagna si mostrava egualmente accentuata a forti gibbe, a moltiplici punte. Ma
ell'abisso. E lo si giunse a salvare. Poscia precipitò giù e perì sprofondato nelle nevi di quei gorghi un cavallo: quindi rotolò una barella da carriaggio, che pure si perdè. Si raddoppiarono le cure. Si legarono tutti con una fune sì che formassero una sola ca
salutando di un ave Maria chi passava o dimandando l'elemosina. Accorsero tutti però, portando torce, tizzoni, lucerne, lanterne, quando l
, Enrico par