Cardello
l brodo coi galletti che le monache allevavano nell'orto per lui; certi intingoli ghiotti e un po' complicati che richiedevano grande atte
lano i torli, aggiungendo poche stille d'acqua, e giù nella padella c
l monastero il cappellano che confessava, o in quella della Matrice mentre quegli recitava l'uffizio al coro, con gli altri
l'anticamera, per ingannare l'ozio, si metteva a ripetere sottovoce le parti di Peppe-Nappa, di Tartaglia, di Pulcinella, di Colombina, facen
or Decano, intrigato di sentir parlare di là, come credeva, parecchie persone, aveva aperto deli
ravo, don
nome di battesimo a cui aveva appiccicato il don,
capo; invece il signor Decano ride
ntazione nel parlatorio delle monach
dice che l'opera è inv
idea di dover rifa
rtaglia davanti a q
i sentirsi morire
osa s'immagina! Quel che
quasi sùbito una gran padronanza di spirito. Egli era Tartaglia, Pulcinella, Colombina, Peppe-Nappa, il Bravo mafioso con la parlata strascicante alla palermitana, uno alla volta, ma dava l'illusione che parlassero più personaggi, ingrossando e affinando la voce, secondo le diverse parti. Dietro le cinque grate era un continuo scoppio di risate, di esclamazioni, di strilli allegri, e il Decano seduto in
Tartaglia benediceva gli sponsali di Colombina con Pulcinella, tartagliando peggio di prima e piangendo
adrone, con un fazzoletto pieno di dolci in una mano, e l'ombrello di seta rossa sotto l'ascella, rivedeva la bambina morta, la povera uccisa, e don Carmelo che avrebbe finito la sua vita nel carcere a cui lo avev
volta il sagrestano che lo aveva
entis
Decano, fatto un giro d'ispezione assieme con lui per le stanze e gli stanzin
che quella cuccagna dove minacciava d'ingrassarsi peggio del padrone, pur di fare una vita più attiva, più varia! Là sempre le stesse cose: alzarsi, preparare il caffè col torlo d'uovo e i biscotti pel signor Decano, spazzare le stanze, rifare i due letti, spolverare, lustrare scarpe e stivali, accompagnare il padrone dal macellaio, dall'erbaiuolo, dal pizzicagnolo e poi al monastero per la messa alle monache,
ro; come diceva
lia o
l ventre
anche voi:
za, sì: B
balzava allegramente per la larga r
le dell'aritmetica. Cardello aveva appreso con facilità. Ma dei libri del padrone che egli si era provato a leggere, capiva soltanto alcune vite di santi e qualche volume di prediche. Non erano divertenti, spec
i quattro volumi del breviario rilegati in pelle nera, e che egli dichiarava il primo libro
ovreste impara
nasse di far andar a male gl'ingredienti. Sissignore; tante once di questo, tante di quello, tante di quell'altro... con le bilance sul tavolino p
si
n c'erano affatto, perchè sùbito
lete; io ho lo stomaco ripieno. O serba
atto era riusci
confezione di un altro piatto nuovo
ne di cattivo umore, nelle quali sbrigava alla lesta le faccend
E i vestiti spazzolati alla diavola! E le scarpe lustrate alla peggio! E l'arros
no Cardello:-Mi prende che io
ero? Perchè? Vi pa
ccellenza! Ec
per voi che per me
, non mi ma
dun
o e le bac
piace. Ve ne p
non più dover seguire il padrone a dieci passi di distanza, e di non più star a sbadigliare nella sagrestia del Monastero di Santa Chiara mentre il padrone confessava le monache, o in quella della Matrice mentre recitava, nel coro, l
si. Avrebbe fatto fin lo sterratore, il manovale, ora che davano mano ai lavori per la conduttura dell'acqua, ed era arrivato l'impresario piemontese, che, dicevano, pagava bene gli operai. Qualunque mestiere, ma il servitore, no, non più! E pensando che per due