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Passeggiate per l'Italia, vol. 4

Chapter 9 No.9

Word Count: 3636    |    Released on: 04/12/2017

glia sua dilettissima. Ivi sorgeva pure la Sellaria, quella vergognosa villa di Tiberio, dedicata alla Venere impudica, che, secondo Svetonio, era ornata delle imagini più oscene. Tali congetture

fronte esteriore presentano una serie di camere, le cui volte sono in parte ancora in piedi. Rosario Mangone afferma che queste camerelle sostenessero una strada

lassù doveva sorgere uno dei palazzi di Tiberio. Si vedono infatti ai piedi del monte rovine grandiose ed una serie di volte che sostenevano senza dubbio la strada che portava al monte. Sulla sommità stanno giardini, case di agricoltori. Percuotendo col piede il suolo, questo manda un suono cupo, il che indica chiaramente esservi al disotto delle volte, di cui, del r

intorno a terrazzi piantati ad olivi, e le case della città sono addossate al monte in guisa che da questo si può scendere benissimo su

za di novecento settanta piedi, di guisa che la villa di Giove trova

o, dove regna una confusione fantastica di scogli, uno dei quali, aperto a foggia di portico, ha nome d'Arco Naturale. Questo è il punto più solitario dell'isola. Ai piedi giace il cu

acinque piedi e profonda circa cento. La grotta è opera della natura, ma la mano dell'uomo l'ha migliorata: tanto all'ingresso quanto nell'interno si vedono difatti ancora avanzi

il popolo con innocente ironia ha convertito in quello di Matrimonio, quasi Tiberio avesse celebr

a fosse dedicata a Mitra, essendo anche adatta al culto del sole, la sua apertura guardando verso oriente. Dalla sua profondità io potei vedere il sole che nasceva, imporporando i lontani monti ed illuminando il mare. La posizione romantica e selvaggia della grotta, le rovine dell'antico tempio, il culto mistico di Mitra, il profondo silenzio, la luce crepuscolare, lo stillare dell'acqua a goccia a goccia, e infine la vista stupenda del mare e della campagna, tutto contribuisce a produrre una profonda impressione di mistero, anche su chi nulla sa del culto di Mitra e della vita di Tiberio. In questa c

nte indovinare. In un'ora indemoniata, Tiberio sacrificò al sole il suo favorito, un giovanetto, qui, in questa caverna, davanti all'imagine del Dio, nella stessa guisa che

iberio. La riva cade ivi a picco sul mare dall'altezza di più di ottocento piedi. Si dice che di là il mostro precipitasse le sue vittime. Narra Svetonio: ?Si fa vedere in Capri il punto dove Tiberio spiegava tutta la sua crudeltà, facendo precipitare in mare alla sua presenza le vittime, dopo averle a lungo martoriate con ogni sorta di tormenti. Cadev

ogni ora apparecchiata una tavola con frutta, pane ed un fiasco di lacrime di Tiberio. L'albergatore ha fatto costruir

e. Si trovano ancora in piedi avanzi di mura e di vòlte, le quali bastano a far comprendere che il faro era un edificio ampio e notevole, che poteva benissimo competere con quello di Alessandria e con quello di Pozzuoli. Il poeta Stazio in un verso lo paragona alla luna, splendore d

avanzi di un piano sotterraneo, alcuni marmi ed anche un bassor

rinchiuso per ben nove mesi, per il timore di una congiura. Le rovine che si scorgono al capo della spiaggia a settentrione-levante dell'isola, appartengono alla villa: lo confermano la tradizione, la quale addita q

rsi sul suolo capitelli, piedistalli, fusti di colonne, frammenti di marmo; alcune stanze presentano ancora avanzi di stucco e in qualche punto si osservano tracce di pitture gialle e rosse, simili a

imostrano l'esistenza di un tempio. La villa riuniva in sè tutto quanto apparteneva allo splendore della vita principesca di allora, ed essendo stata così a lungo la sede della corte imperiale, doveva, prima che Nerone ed Adriano innalzassero i loro sontuosi palazzi, sorpassare in bellezza tutte le altr

a e contemplando i palazzi marmorei, il faro ed i templi, imperocchè Tiberio, in cima ad ogni vetta,

e ville e le strade popolate di tutto quel mondo romano, dalla corte di Cesare, da senatori, da ambasciatori d'ogni parte del mondo, dalle più belle donne della Ionia, delle Etari sedu

li lo rappresentano già avanzato negli anni; quello di Roma, al contrario, nel fiore della sua giovinezza, probabilmente perchè la maggior parte dei busti disotterrati ad Ercolano ed a Pompei appartengono all'epoca del suo soggiorno in Capri. Nella galleria Chiaramonti del Museo Vaticano esiste la sua figura colossale, scope

essione di sarcasmo, d'ironia, e tutta la sua fisonomia qualche cosa di duro, di crudele e di volgare insieme, come si rivela nella testa colossale di Napoli e nel suo busto in Campidoglio. Volendo avere una rappresentazione plastica della scelleratezza bestiale, fa d'uopo contemplare la testa diabolica di Caracalla, che è la rappresentazione più perfetta di un carattere diabolico a cui sia potuta giungere la scultura. Ritengo che quell'uomo scellerato fosse davvero tale e quale la

un tratto in possesso di un dominio già affermato, non seppero quale impiego fare del loro tempo, imperocchè anche i piaceri diventano insopportabili quando non l'interrompono il lavoro e le difficoltà. Caligola nella sua pazzia volle gettare un ponte sul mare; Claudio fu un pedante; Nerone incendi

bia creato: si direbbe che pronunci la sentenza di Talleyrand, che, cioè, la parola fu data all'uomo per nascondere i suoi pensieri. Infatti poi sappiamo da Tacito quanta fosse l'arte di Tiberio nel parlare: egli fu veramente l'inventore della grammatica e della logica diplomatica. Non prometteva, non giurava, non mentiva: egli era un impasto di menzogna continua. Quanto sembrano grossolani, di fronte a questo despota finissimo e signore classico della storia nuova, quegli

umana natura però è costituita in modo che non può godere in una volta poca parte di piaceri, e ciò lo dimostrano lo scoglio di Capri e la villa di Giove, nella quale erasi ritirato il signore del mondo che considerava questi luoghi come una specie di esilio. Fa orrore il pensare alle scene di cui furono testimoni queste mura, agli eccessi di rabbia di un animo che non conosceva più freno di sorta. Là dove risuonarono un giorno le armonie dei flauti della Lidia, e sp

no. Questa coincidenza è singolare, e pochi luoghi, io credo, possono ritenersi adatti del pari alla meditazione. Qui si presentano contemporaneamente all'immaginazione due figure rappresentanti i due periodi della storia del genere umano: ad occidente, il demone canuto, Tiberio, signore della terra, rappresentante del mondo pagano che sta per tramontare, ed immagine di tutti i mali; ad oriente, l

na dell'eremita, sudicio frate francescano, e poco mancò non mi ritraessi dallo spavento. Era un vecchio monaco, dalla lunga barba bianca, vestito di una tonaca nera, zoppo, brutto, con due

a di un bassorilievo esistente nel Museo di Napoli: un vecchio nudo, a cavallo, che portava in sella, davanti a sè, una ragazza parimenti nuda con una fiaccola in mano; un giovanetto, esso pure nudo, guidava il cavallo verso la statua di un Dio. La somiglianza del vecchio con Tiberio mi parve così sorprendente, che io credetti che quel bassorilievo rappresentasse una scena notturna nella sua villa di Capri, forse un sacrificio a Priapo. La catena sola, che il vecchio portava al collo, era quella stessa dei gladiatori combattenti e degli altri condannati, e non si addiceva affatto all'imperatore Tiberio. L'eremita aveva copia

la che ha dinanzi a sè l'eremita nella sua cella. Dalla sua finestra ei vede

ntana punta di Licosa. Al cadere del sole i monti e il mare rivestirono dei colori dell'

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